Molti si esercitano in musica, come in altre attività, sconsideratamente, in vista dell’esibizione, e qualora scoprano di aver talento, illusi, si perdono in questo esercizio, qualora invece si rendano conto di non poter raggiungere il livello desiderato, delusi, lo abbandonano, provando in entrambi i casi di non essere mossi che dalla loro sciocca ambizione, dunque dai capricci della fortuna; occorre sia chiaro che esistono due modi di dedicarsi alla musica: uno onesto, teso al divertimento e al perfezionamento propri, l’altro servile, teso al divertimento e al perfezionamento altrui; il primo conviene a tutti, talentuosi e incapaci, giovani e vecchi, il secondo solo a servitori devoti, macchine ingegnose, animali canterini e schiavi vanesi.
È superiore la lira di Achille a quella di un Femio o di un Demodoco: egli infatti trova in essa un conforto che nemmeno il Femio più virtuoso potrebbe offrirgli; così pure Patroclo, assorto nel suo canto più che in quello del miglior Demodoco; ciò mostra l’opportunità del dedicarsi alla musica, indipendentemente dalla propria condizione: la musica è cosa troppo venerabile per essere lasciata ai suonatori, così come la religione ai preti e la guerra ai soldati.
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