Come chiamare gli stati?
È una questione che tendiamo a non considerare nemmeno, associando in modo irriflesso territorio, popolo e stato in un un’unità semplice ed evidente: la Repubblica italiana è l’Italia e gli italiani sono i soggetti riconosciuti come propri da questo stato.
Tutto questo ci sembra scontato perché negli ultimi secoli l’ideologia politica dominante è stata lo statalismo.
Eppure dobbiamo renderci conto che la realtà non è così come l’ideologia vorrebbe rappresentarla: l’Italia è esistita prima ed esisterà anche dopo la Repubblica italiana, e continuerebbe ad essere Italia anche se entrasse a far parte della Repubblica francese o della Federazione russa; non diventerebbe “Francia” o “Russia”.
Pensiamo ad esempio al Tibet: è Cina o no? No, è retto però da uno stato che si dice cinese e viene impropriamente chiamato “Cina”: la Repubblica popolare cinese. Se questo stesso stato, per ragioni ideologiche, si chiamasse Repubblica popolare tibetana verrebbe altrettanto impropriamente chiamato “Tibet” e si direbbe, sbagliando, che la Cina è in Tibet.
Senza contare poi che esiste anche un’altra “Cina”, la Repubblica di Cina, che è solitamente chiamata “Taiwan”: non è molto rispettoso, almeno ideologicamente.
Pensiamo anche alla Repubblica di Corea e alla Repubblica popolare democratica di Corea: solitamente questi due Stati sono chiamati “Corea del Sud” e “Corea del Nord”, confondendo territorio e stato. Certo, la Repubblica di Corea oggi governa la parte meridionale della Corea (che è una sola), ma chiamarla “Corea del Sud” è come chiamare la Repubblica sociale italiana “Italia del Nord”: per gli stranieri potrà sembrare innocuo, ma è offensivo per gli indigeni (tanto di una parte quanto dell’altra).
Pensiamo poi a quanti problemi linguistici ha causato lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante: “Stato Islamico” suona offensivo per i musulmani, “Da’esh” suona offensivo per i suoi soggetti (un po’ come “repubblichini” e “yankees”: si tratta pur sempre di propaganda, seppur moralmente accettata).
Come risolvere questa situazione?
Le sigle non sono sufficienti: URSS ed SUA sono ancora intuitive, ma RI è Repubblica italiana, indiana o indonesiana?
È preferibile dunque abbreviare i nomi completi (aggiungendo -io alla fine: come le terre, femminili, finiscono in -ia, così gli stati, maschili, in -io). Il procedimento permette di ottenere con facilità gli aggettivi derivati: basta sostituire -iano a -io.
Ecco alcuni esempi:
Rubrinio (Regno Unito della gran BRetagna e dell’Irlanda del Nord). Rubriniani i soggetti, non britannici (ci sono anche nordirlandesi infatti).
Stunamio (STati UNiti d’AMerica). Stunamiani i soggetti, non americani o statunitensi (anche i “messicani” sono tanto americani quanto statunitensi).
Repitio (REPubblica ITaliana). I sardi non sono italiani, ma repitiani (per ora almeno).
Refrio (REpubblica FRancese). I corsi sono refriani, non francesi.
Uresosio (Unione delle REpubblica SOcialiste Sovietiche). Evitiamo così di doverli chiamare sovietici (anche in Cina c’erano Repubbliche sovietiche) o russi (i siberiani erano uresosiani, non russi).
Repocio (REpubblica POpolare Cinese). Gli uiguri non sono cinesi, sono però repociani.
Stisilio (STato ISlamico dell’Iraq e del Levante). Stisiliani, non “membri dello Stato Islamico”; Stisilio poi non è offensivo.
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Anonimo, “Della soluzione linguistica al problema del nome degli stati”
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